Curioso il destino: pochi giorni dopo l’uscita di Melana Chasmata muore H.R. Giger, l’autore di Alien. Diverse le sue collaborazioni con Thomas Fisher, prima nei Celtic Frost e più di recente con i Triptykon. Coincidenze? Può darsi. Non è una coincidenza però che il musicista abbia utilizzato più volte le visioni dell’artista per illustrare la propria musica. Il connubio tra le composizioni claustrofobiche di Fisher l’arte disturbante di Giger è, ancora una volta, indissolubile, esattamente come nel debut Eparistera Daimones e, nel lontano 1985, nei Celtic Frost di To Mega Therion.
Dal punto di vista compositivo però alcune differenze rispetto al
passato, anche recente, balzano subito all’orecchio. Come ben sappiamo
Fischer è sinonimo di oscurità e innovazione, e la sua leggenda nasce
proprio dal fatto che è sempre riuscito a portarle avanti entrambe di
pari passo. Melana Chasmata, manco a dirlo, è un disco
buio, nero quanto il debut ma meno monolitico. L’innovazione stavolta
consiste principalmente in una più spiccata varietà delle ritmiche,
delle dinamiche, delle distorsioni, del cantato, e nella scelta dei
suoni. Questa freschezza si manifesta già nell’opener Tree Of
Suffocating Souls, impreziosita addirittura da una melodia alla South of
heaven/Spill the blood. Sì, però semiacustica. La seguente Boleskine
house sembra uscita da Songs Of Darkness, Words Of Light dei My dying
bride, con tanto di cori femminili, mentre Altar of deceit potrebbe
essere l’incontro tra i Cathedral di Forest of Equilibrium e i Meshuggah
di Catch 33. Senza girarci troppo intorno: l’impasto dell’album è
chiaramente Death/Doom oppressivo, quello dei primi anni ‘90,
fondamentalmente i Celtic Frost rallentati e dopati nei suoni. Ma c’è
dell’altro che lo impreziosisce, e non poco: abbondano le parti
acustiche nere come la pece, o lontane come i Bathory, e addirittura
qualche venatura industrial degli ultimi controversi Morbid Angel.
Esagerando con il citazionismo potremmo tirar fuori anche Hermeticum dei
Daemonarch, sottovalutatissimo side project dei Moonspell di fine anni
‘90, ve lo ricordate vero?
Il nuovo Triptykon è tutto questo: fisicità, raffinatezze e buio, tanto
buio. In questo senso menzioni particolari vanno per In The Sleep Of
Death, brillante tributo alla tormentata figura di Emily Brontë, e per
la conclusiva Waiting, un pezzo alla Sigur Rós con solo alla David
Gilmour, stavolta senza esagerare. Che sia questa la nuova strada per la
musica estrema? Melana chasmata sarà uno spartiacque come lo fu
l’ineffabile Into The Pandemonium? Difficile forse, ma è presto per
dirlo. Una cosa è sicura, tuffarsi in un disco dei Triptycon è un
esperienza alienante, allettante ma pericolosa. Provateci, ma poi non
venite a dirci di non avervi avvisati.
M.M.
Articolo scritto per www.blackout69.com
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