Google+ Viaggio Senza Vento: ARTE - Le dimensioni del sacro nell'arte contemporanea

venerdì 22 novembre 2013

ARTE - Le dimensioni del sacro nell'arte contemporanea

Paul Gauguin, Cristo giallo, 1889


Il passaggio dall’epoca medievale alla moderna alla contemporanea si contraddistingue per una progressiva laicizzazione della pratica artistica. Ma, se è vero che l’epoca contemporanea immette nella storia dell’arte problematiche nuove, che comportano una diminuzione dell’attenzione verso il sacro, ciò non significa che venga meno la necessità, l’ansia, il bisogno di rapportarsi con qualcosa che è oltre, al di là e al di sopra della realtà del mondo. Non ci stupiremo di scoprire, quindi, che il sacro non ha mai abbandonato l’orizzonte creativo degli artisti, nemmeno in epoca contemporanea.
L’arte contemporanea allora non è contro il sacro, come potrebbe sembrare, anzi, c’è ancora in essa una potente richiesta di sacro, il quale però, necessariamente, non passa più attraverso la religione: una metamorfosi endogena alla società stessa ha fatto sì che l’arte riducesse drasticamente l’opzione iconologica, che in epoca moderna portava ancora sulle tele episodi della Bibbia e dei Vangeli, a favore di un potenziamento dell’opzione metaforica, che svincola il sacro dal religioso e mette in campo una sensazione di sacralità, un’emozione del sacro, che non ha più bisogno di essere veicolata dalla figurazione.

Caspar David Friedrich, Il viandante tra le nebbie, 1817-18

È questa la grande novità dell’arte contemporanea: se sul versante iconologico non aggiunge nulla a una tradizione rappresentativa che era in vigore con maggior robustezza nelle epoche precedenti, sotto il profilo metaforico introduce una dimensione che prima era totalmente inedita.
Abbiamo così individuato una distinzione in due facies del sacro (iconologica e metaforica), aprendo su una riflessione che trascende i limiti del comparto storico artistico, per investire il significato, la concezione stessa di sacro, il quale non necessariamente coincide con la religione e la religiosità, assumendo le valenze di qualcosa che non scende su di noi dall’alto (come il religioso), ma che troviamo dentro di noi.
Mentre nell’arte medievale e moderna il sacro corrispondeva letteralmente a “ciò che è dedicato, consacrato a Dio”, con una forte incidenza o anche semplicemente un’energica ripresa di temi religiosi pur privati ormai di autentica devozione, nell’arte contemporanea si rimuove la componente istituzionale del divino, sostituendola con una componente emozionale, che non ha più alcun rapporto diretto con la Chiesa o le premesse religiose del fare artistico, in quanto si sottrae dalle immagini ogni valenza cultuale, e si inserisce invece un’alta dose di sentimento del divino, dove il divino non è di derivazione tradizionale, legata alla religione, ma di impianto interiore, come partecipazione dell’artista alla sfera più nascosta e indicibile del mondo e della vita.

Salvador Dalì, Crocifissione o Corpo ipercubico, 1954

Ciò non toglie che si possano incontrare, in pieno Otto e Novecento, artisti che si sono confrontati con temi religiosi (vedi ad es. i Cristi gialli e verdi di Gauguin), ma i presupposti e le finalità con cui questi temi vengono trattati non possono essere paragonati alle esigenze culturali che guidavano i pennelli degli artisti medievali e moderni: mancano ora i codici istituzionali, i rapporti con il potere, la Chiesa, il papato, la committenza…, tutti quei fattori che avevano sancito per secoli la fortuna dell’arte sacra.
Più spesso ci imbattiamo in artisti che riescono a esprimere, attraverso forme che non hanno nulla a che fare con la rappresentazione di fatti, oggetti o personaggi sacri, qualcosa che lo spettatore percepisce come sacro, sono artisti che suscitano in noi «emozioni sottili, inesprimibili a parole», come direbbe Kandinsky.

Barnett Newman, The Beginning, 1946


Per un approfondimento sul tema consiglio il testo Il sacro nell’arte contemporanea di Roberto Pasini, edito da QuiEdit, Verona.

 

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