Paul Gauguin, Cristo giallo, 1889 |
Il passaggio dall’epoca medievale alla
moderna alla contemporanea si contraddistingue per una progressiva
laicizzazione della pratica artistica. Ma, se è vero che l’epoca contemporanea
immette nella storia dell’arte problematiche nuove, che comportano una
diminuzione dell’attenzione verso il sacro, ciò non significa che venga meno la
necessità, l’ansia, il bisogno di rapportarsi con qualcosa che è oltre, al di
là e al di sopra della realtà del mondo. Non ci stupiremo di scoprire, quindi,
che il sacro non ha mai abbandonato l’orizzonte creativo degli artisti,
nemmeno in epoca contemporanea.
L’arte contemporanea allora non è contro il
sacro, come potrebbe sembrare, anzi, c’è ancora in essa una potente richiesta
di sacro, il quale però, necessariamente, non passa più attraverso la
religione: una metamorfosi endogena alla società stessa ha fatto sì che l’arte
riducesse drasticamente l’opzione iconologica,
che in epoca moderna portava ancora sulle tele episodi della Bibbia e dei
Vangeli, a favore di un potenziamento dell’opzione metaforica, che svincola il sacro dal religioso e mette in campo
una sensazione di sacralità, un’emozione del sacro, che non ha più bisogno di
essere veicolata dalla figurazione.
Caspar David Friedrich, Il viandante tra le nebbie, 1817-18 |
È questa la grande novità dell’arte
contemporanea: se sul versante iconologico non aggiunge nulla a una tradizione
rappresentativa che era in vigore con maggior robustezza nelle epoche
precedenti, sotto il profilo metaforico introduce una dimensione che prima era
totalmente inedita.
Abbiamo così individuato una distinzione in
due facies del sacro (iconologica e
metaforica), aprendo su una riflessione che trascende i limiti del comparto
storico artistico, per investire il significato, la concezione stessa di sacro,
il quale non necessariamente coincide con la religione e la religiosità,
assumendo le valenze di qualcosa che non scende su di noi dall’alto (come il
religioso), ma che troviamo dentro di noi.
Mentre nell’arte medievale e moderna il sacro
corrispondeva letteralmente a “ciò che è dedicato, consacrato a Dio”, con una
forte incidenza o anche semplicemente un’energica ripresa di temi religiosi pur
privati ormai di autentica devozione, nell’arte contemporanea si rimuove la
componente istituzionale del divino,
sostituendola con una componente emozionale,
che non ha più alcun rapporto diretto con la Chiesa o le premesse religiose del
fare artistico, in quanto si sottrae dalle immagini ogni valenza cultuale, e si
inserisce invece un’alta dose di sentimento
del divino, dove il divino non è di derivazione tradizionale, legata alla
religione, ma di impianto interiore, come partecipazione dell’artista alla
sfera più nascosta e indicibile del mondo e della vita.
Salvador Dalì, Crocifissione o Corpo ipercubico, 1954 |
Ciò non toglie che si possano incontrare, in
pieno Otto e Novecento, artisti che si sono confrontati con temi religiosi
(vedi ad es. i Cristi gialli e verdi di Gauguin), ma i presupposti e le
finalità con cui questi temi vengono trattati non possono essere paragonati
alle esigenze culturali che guidavano i pennelli degli artisti medievali e
moderni: mancano ora i codici istituzionali, i rapporti con il potere, la
Chiesa, il papato, la committenza…, tutti quei fattori che avevano sancito per
secoli la fortuna dell’arte sacra.
Più spesso ci imbattiamo in artisti che
riescono a esprimere, attraverso forme che non hanno nulla a che fare con la
rappresentazione di fatti, oggetti o personaggi sacri, qualcosa che lo
spettatore percepisce come sacro, sono artisti che suscitano in noi «emozioni sottili, inesprimibili a parole»,
come direbbe Kandinsky.
Barnett Newman, The Beginning, 1946 |
Per un approfondimento sul
tema consiglio il testo Il sacro
nell’arte contemporanea di Roberto Pasini, edito da QuiEdit, Verona.
JessB
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