Una delle prerogative di Viaggio Senza
Vento è provare a raccontare. Ma raccontare cosa? Le varie forme di espressione
artistica, dal cinema
alla fotografia,
dalla letteratura alla musica,
cercando magari di portarvi all'attenzione realtà nuove, sperimentali o
semplicemente poco note.
Oggi parliamo di Reggae. Come tutti
saprete, è un genere che ha avuto la sua esplosione tra gli anni ’60 e i ’70 in
Jamaica, grazie soprattutto a Bob Marley e ad una
ristrettissima manciata di altri artisti. Ciononostante, un movimento così
circoscritto ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica
contemporanea, tanto da influenzare gruppi dal successo planetario. Esatto, mi
riferisco a personaggi del calibro di Police e Clash. Spesso però è
scaduto nella monotonia dei suoi cliché triti e ritriti, ripetuti alla nausea e
che nella maggior parte dei casi procurano non pochi sbadigli all’ascoltatore.
Belli i giri di basso e le chitarre in levare, bella la cassa sempre sul 3,
bello il groove spensierato e ballabilissimo, belli i fiati, ma che due palle.
Non è questo però il caso degli Smooth Beans, combo Cantabrico di
rocksteady/reggae/ska che riesce nell’intento di restare ben ancorato a
determinate linee guida riuscendo comunque a stupire l’ascoltatore. In che
modo, vi starete chiedendo senza darvi pace dall’inizio del post? Nel modo più
genuino possibile, con tanta personalità, ottima preparazione musicale e un
pizzico di ironia che non guasta mai. Parlo di originalità perché riuscire a
coniugare il reggae
caraibico con gli indiani
d'America o con espliciti riferimenti a Ennio Morricone senza
scadere nel demenziale o perdere di credibilità non è da tutti. A proposito di
Morricone e di riferimenti puramente casuali, gli Smooth Beans ricordano per
alcuni versi, almeno nelle intenzioni, i nostrani Calibro 35, una delle
pochissime realtà italiane attuali esportabili nel mondo senza provocare
imbarazzo. Ma di loro parleremo più a fondo in futuro. Intanto sappiate che gli
Smooth beans hanno pubblicato già due dischi, sono in tour per l’Europa e,
levati, dal vivo ci sanno proprio fare!
M.M.
Vedi anche:
[Recensione] - Triptykon - Melana Chasmata (2014)
[Recensione] - The Black Keys - Turn blue (2014)
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